venerdì 18 luglio 2014

Pollo in potacchio senza glutine senza lattosio senza proteine del latte per #GFFD e per le Blogalline ... Chicken in potacchio gluten free dairy free milk proteins free

Sottitolo: dalla bisnonna alla nonna, alla mamma e infine a me

Se chi ben comincia è a metà dell'opera, è evidente che sono una donna che negli inizi inciampa con goffaggine, con totale imperizia, a volte facendosi male con abilità insospettate.
"Cos'è? Insight o dénoument?" dice la voce a, guardandomi al di sopra dei suoi occhiali da sole vintage.
Felicemente la ignoro.
Non ho punto voglia di giocare a scherma con le parole con lei. 
Veramente avrei proprio poca voglia di giocare con le parole. Mi dico e mi ripeto di non farmi troppo influenzare da quanto accade nel mondo, ma come si fa a non lasciarsi coinvolgere? Ho persino provato a prendere ripetizioni di cinismo.
Sono assolutamente da bocciare.
Quando inciampo in  momenti come questo, dove è assurdo trovare un senso alla violenza, alla morte, al dolore, so che l'unica cosa che posso fare è cercare un angolo riparato dove mettere a dimora la mia anima, lasciando che metabolizzi il tutto, acciambellata come fosse un micio.
Pur essendo conscia della lontananza fisica tra me e certi accadimenti, il cuore va dove vuole e si fa male.
Allora, per riportarlo alla sua ragione, faccio memoria...
Memoria di parole, pensieri, profumi, sapori...
In momenti come questi, non c'è niente di meglio di un piatto che mi riporta indietro nel tempo e che ha in sé parte del DNA.
Il comfort food che ha dato sollievo al mio cuore è una ricetta vecchia di ben quattro generazioni; la faceva spesso la mia bisnonna Rina, la nonna tanto amata della mia mamma, la faceva spesso la MIA Nonna Maria, figlia della bisnonna e madre della mia mamma, la faceva la mia mamma, la facevo io nella mia vita glutinosa e la faccio ancora nella mia vita senza glutine, senza lattosio, senza proteine del latte.
E' un piatto che affonda le radici nella mia tradizione famigliare, ma è anche un piatto della tradizione regionale delle Marche, terra della mia bisnonna e della mia nonna.
Ce ne sono quindi infinite varianti, anche perché ogni zona delle Marche ha la sua variante, tanto quanto ogni famiglia ha la sua variante.
Questa è la mia, anzi la nostra, perché quando la preparo, si siedono poi, alla tavola del mio cuore, quattro generazioni.

Pollo in potacchio
senza glutine senza lattosio senza proteine del latte per il GFFD
Chicken in potacchio
gluten free dairy free milk proteins free for the GFFD


Il potacchio o putacchio può essere o il recipiente dove veniva cotto il pollo o il metodo di cottura (per l'etimologia leggere qui). Per me è sempre stato il pollo col pomodoro e colla salsa, che scarpetta!


Ingredienti

6 ali di pollo, con la loro pelle
4 cosce di pollo di media grandezza, con la pelle
600 g di bocconcini di pollo (pezzi di coscia e di sovracoscia, senza pelle)
500 g di polpa di pomodoro bio Alce Nero
un bicchiere di vino bianco secco - la bisnonna usava un bianco del Piceno, io ho utilizzato un bianco toscano, Vernaccia IGP
rosmarino -secco#
salvia - secca#
peperoncino - secco#
6 spicchi di aglio italiano bio, schiacciati
sale grosso di Cipro
olio extravergine di oliva, io uso quello Ligure DOP
acqua q.b.

terrina, tegame capiente, mestolo per mescolare, bicchiere, tazzina da caffè, forchetta, coperchio, cucchiaio, piatto per servire

ancora una volta ricordo che: per i celiaci e le persone gluten sensitive bisogna accertarsi sempre che ci sia o la SPIGA SBARRATA  o l'apposita dicitura SENZA GLUTINE come da regolamento CE 41/2009, da D.L 111/1992,  e nota del Ministero della Salute prot. 600.12/A32/2861. Inoltre, per ulteriori informazioni leggere anche qui e non dimenticare mai il discorso sulle tracce contaminazioni e cross-contaminazioni. Per il lattosio e le proteine del latte controllare sempre le etichette e le diciture in esse presenti.


Procedimento

Ho sciacquato bene tutti i pezzi di pollo, dopo aver fiammeggiato le ali  e le coscie.
In un tegame capiente, ho messo l'olio extravergine, il peperoncino - a piacere -  e gli spicchi d'aglio schiacciati. 
A fuoco alto, ho messo nel tegame le cosce e le ali, entrambe con la pelle e ho salato, senza esagerare. 
La pelle deve abbrustolire.
A questo punto, ho aggiunto i bocconcini di pollo senza pelle. Ho salato nuovamente, senza esagerare.
Dopo qualche minuto, ho sfumato col bicchiere di vino bianco.
Una volta sfumato il vino bianco, ho aggiunto la polpa di pomodoro, il rosmarino e la salvia.
Sempre a fuoco alto, ho aspettato cinque minuti e ho aggiustato di sale. A fuoco medio, ho quindi coperto con il coperchio, per evitare schizzi.
Il pollo deve cuocere a fuoco medio alto, perché la salsa deve essere ben ristretta, ma presente.
Per evitare che restringa troppo, ogni tanto ho aggiunto poca acqua per volta. 
Quando il pollo ha preso un bel colore e la salsa è ben ristretta, saranno passati 45 minuti circa, forse qualcosina di più. 
Per controllare che il pollo sia umido, ma ben cotto, basta infilare una forchetta nella coscia e ritirarla fuori; se non esce liquido è cotto a puntino, se invece esce liquido, va cotto ancora qualche minuto.
Una volta cotto, ho messo il pollo su un piatto da portata e ho servito.
E' ottimo con della polenta fumante o con del pane sciapo o con il pane che volete.


Con questa ricetta partecipo anche al Contest delle Bloggalline "La Cucina Italiana nel Mondo verso l'Expo 2015" per la categoria "Un Piatto delle Cucine Regionali Italiane"


Inoltre, credo che questo piatto possa anche piacere alle tre fatine e alle Petronille del Casato Filo della Rosa.


Bòn Appetit!

domenica 13 luglio 2014

Racconto un luogo del mio cuore per #secondastellaadestra, il Contest di Gluten Free Travel & Living con Garofalo


La mia idiosincrasia da contest è nota ai più; a chi non fosse ancora nota, è nota adesso. Però ci sono contests che attirano anche il mio io idiosincratico.
#secondastellaadestra è uno di questi: si tratta di raccontare tramite foto, video o parole un luogo del cuore, un posto al quale siamo legati nel profondo.
La dimensione foto mi attira moltissimo, ma come ho già detto in un altro post (Docusound), mi piace raccontare. Di questo #luogodelcuore conservo gelosamente le foto, una è comunque presente qui.
Buona lettura.
Le Galapagos e la caviglia di Van Basten
Di Fabiana-Fabipasticcio

“Puoi farcela… Rob ti ha spiegato come fare… un passo alla volta, senza fretta, sarà una discesa tranquilla… vedrai che ce la fai”.
Questo mi ripetevo, mentre mi calavo dalla murata della nave oceanografica, la R.V Melville, tramite una scala di corda, per raggiungere un taxi acqueo che mi avrebbe condotto a Puerto Ayora, Isla di Santa Cruz, arcipelago delle Galapagos.
Nel ricordare, mi viene ancora la pelle d’oca… una scala di corda e un breve viaggio in taxi acqueo mi separavano da uno dei luoghi che più avevo amato, studiato, sognato.
Sin da piccola, avevo deciso che da grande sarei diventata una scienziata e avevo nutrito questo sogno a pane e Marie Curie, poi a pane e Charles Darwin, spalmando qua e là Konrad Lorenz, Jacques Costeau, Robert Scott. Mentre studiavo, mi immaginavo nel poggiare il mio misero piede sul suolo vulcanico delle Galapagos e respirare la Scienza! Dopo la laurea, mentre facevo il dottorato ebbi la fortuna di passare un periodo all’estero, che includeva una crociera oceanografica lungo il Pacifico con tappa alle Galapagos. Altro che vincere alla lotteria di Capodanno! Peccato che nel quadro idilliaco mi fossi dimenticata di dipingere il mal di mare, lo sconforto della voltammetria a stripping catodico e della chimica analitica. Per tacer della scala di corda lungo la murata di una nave e di un taxi acqueo, che sembrava il mezzo guscio di una noce, in mezzo all’oceano.
Però, le Galapagos erano lì. Davvero.
Per arrivarci, avevo superato l’iniziazione del Passaggio dell’Equatore, incontrando Re Nettuno e il suo fido Davey Jones, passando persino per il whale’s ass - cosa non si fa pur di raggiungere il luogo del proprio cuore? Ero finalmente lì… ancora un gradino et voilà, ero a bordo della piccola barca, che faceva la spola tra le navi ed il porto di Puerto Ayora, dove è presente sia la Stazione di Ricerca Charles Darwin sia l’Autorità del Parco Nazionale delle Galapagos. All’epoca – era il duemila – le navi non arrivavano dritte in porto, per evitare contaminazioni e passaggi di specie alloctone, che potevano disturbare gli equilibri faunistici e floristici dell’isola.
Le Galapagos sono la Cappella Sistina delle Scienze Ambientali: non è pensabile deturparle o rovinarle, ma tutti vogliono vederle. Non soltanto sono un luogo del cuore, a mio modesto parere esse rappresentano il viaggio di formazione, il grand tour che due secoli or sono gli aristocratici e gli intellettuali intraprendevano per affinare il loro sapere.
Mentre ero a bordo del barchino e vedevo allontanarsi la nave, brividi mi accarezzavano la schiena e nella mia mente non c’erano pensieri, solo la sensazione che la realtà sarebbe stata infinitamente più sorprendente di qualsiasi sogno avessi mai fatto. Non sapevo quanto avrei avuto ragione.
Una volta arrivati in porto, scesi finalmente a terra, ci inginocchiammo come a voler baciare il suolo, quasi fossimo novelli Cristobal Columbus approdati finalmente alle nostre Indie Occidentali! Per lo meno questo è quanto io ed i membri del mio eterogeneo gruppo – quasi tutti gli elementi stranieri dell’equipaggio scientifico della nave – facemmo. Mentre organizzavamo come trascorrere quella giornata, continuavamo a fotografare ogni cosa. Devo avere numerosissimi scatti di innumerevoli iguane marine, che erano ovunque.
Le iguane marine sono endemiche delle Galapagos, non esistono in nessun altro luogo. Sono in molti a pensare che il simbolo delle Galapagos siano le tartarughe giganti, dimenticandosi dei fringuelli, tramite i quali Darwin spiegò la selezione naturale e la teoria dell’evoluzione. Dopo di essi, le iguane marine! Per chi è lontano dal mondo della scienza è difficile comprendere la gioia di trovarsi di fronte ad animali unici nel loro genere, esempio vivente di tomi e tomi studiati in zoologia ed in zoogeografia; vederle placidamente ammucchiate sulle pietre vulcaniche, disseminate nella rada del porto, era come aprire il regalo tanto atteso la mattina di Natale: stessa eccitazione, stesso brivido che si aggrappa al midollo, stessa risatina semi-isterica. Tale gioia si trasformò in esaltazione, quando io e i miei compagni raggiungemmo la Stazione di Ricerca di Darwin. Finalmente le tartarughe giganti!
Ho avuto la fortuna di vedere anche Jorge El Solitario, alias Lonesome George, l’ultimo della sua sottospecie, morto un anno fa. Non ho solo fotografato, ma ho respirato la Scienza e la Storia della Scienza. Ripensando a quei momenti, mi basta chiudere gli occhi e sono di nuovo lì… dove c’è un pezzo del mio cuore.
Dopo aver visitato la Stazione, ci dirigemmo alla spiaggia di fronte… ancora pietre laviche e ancora iguane marine, come se piovesse. Come se non fossero stati sufficienti gli scatti fatti fino ad allora, continuai a fotografare sassi ed iguane e ad un certo punto…
…CRAC…
Scivolai, chissà se per colpa del piede marino o della mia sbadataggine da eccitazione; scivolai e mi feci molto male. Da subito capii che la cosa era seria, considerato che la caviglia aveva una angolazione opposta alla norma. Fortunosamente, mi portarono al Pronto Soccorso di Puerto Ayora, dove mi fecero le prime radiografie. Poi, cominciò la girandola negativa: le telefonate in Italia per avvertire il consorte ed i miei, organizzare il mio trasporto in terraferma ecuadoregna, in attesa del consorte e del permesso di poter tornare in Italia, il dolore intenso e profondo che nulla calmava, il primo soccorso che più di così non poteva soccorrermi. I brividi che ho ripensando a quel momento sono di dolore, ancora adesso bruciano come allora. La mattina dopo, presi il primo volo da Baltra per Guayaquil. Una volta arrivata in clinica a Guayaquil piansi: per il dolore della frattura – che era più grave di quanto mi avessero prospettato -, per il dolore di essere sola, distante migliaia di miglia da casa, per il dolore di non aver portato a termine la crociera oceanografica. Per un sogno avverato, un altro è stato interrotto.
Dolorosamente.
Ho ricordi vaghi dei giorni in clinica fino all’arrivo del consorte, con il quale sono rimpatriata in Italia, in un viaggio che sarebbe piaciuto molto ad Odisseo, ma che a me è piaciuto infinitamente meno. Però questa è un’altra storia.
Una volta arrivata all’ospedale di Treviso, il primario di ortopedia, mentre guardava le ennesime radiografie, disse:” Ha fatto davvero le cose per bene! La sua frattura alla caviglia è simile a quella che costò la carriera a Van Basten. Frattura a becco di flauto della tibia ed entrambi i malleoli andati. Operiamo e sistemeremo tutto”. Così fu. Anche questa è un’altra storia.
Alle Galapagos ho davvero lasciato un pezzo di cuore. Chiudo gli occhi, ricordo e sono lì, a respirare il salso del Pacifico, la storia di Darwin e la mia. Ad occhi aperti, guardo la caviglia destra: una placca e dieci viti da un lato, quattro fili di Kirchner dall’altro.
Ad perpetuam rei memoriam.

Qual è il vostro #luogodelcuore?

venerdì 11 luglio 2014

Irish Soda Bread integrale con formaggio di capra e erbe senza glutine senza proteine del latte vaccino per il #GFFD ... Brown Irish Soda Bread with Goat Cheese & Herbs gluten free cow milk proteins free for the #GFFD

Sottotitolo: Ogni volta l'inizio è quel momento di distacco dalla molteplicità dei possibili
Italo Calvino

E' più facile un buon inizio o una buona fine? E nel mezzo? Nel mezzo, magari, si vive.
Sembra facile, come respirare, che invece poi è più complesso di quanto si possa pensare per via delle interazioni sinergiche che comporta.
Più cresco, più penso che la semplicità sia complicata, sconfinatamente complicata. Però, adoro essere semplice nel senso migliore del termine, con tutte le sfumature ed i sinonimi vari ed eventuali.
Mi piace che semplice sia anche legato a virtù tipiche delle erbe officinali, tra le quali si annoverano moltissime erbe utilizzate in cucina.
Felicemente in possesso di un pollice marrone, le mie erbe in cucina sono spesso seccate, ma ben conservate. Guardando i vari barattolini, aprendoli con cura e annusando qua è la come fossi una gioiosa Ape Maia, mi trasformo in alchimista e comincio a cucinare, impastare, cuocere...
Partendo da una bella ricetta di Sonia e lasciandomi guidare dalle ispirazioni di Mary e di The roastedroot stavolta ho impastato!
Siccome oggi è nuovamente venerdì ed è un nuovo appuntamento con il #GFFD


ecco la mia ricetta!

Irish Soda Bread integrale con formaggio di capra e erbe 
senza glutine senza proteine del latte vaccino per il #GFFD 
Brown Irish Soda Bread with Goat Cheese & Herbs 
gluten free cow milk proteins free for the #GFFD



Ingredienti

350 g di farina integrale Brot Mix Schaer #
300 g di yogurt di soja bianco bio senza glutine senza lattosio senza proteine del latte #
120 g di ricotta di capra ben scolata
140 g di robiola di capra
8 g di mix di fiori e spezie varie Sonnentor, certificato senza glutine
6 g di origano
6 g di bicarbonato di sodio da cucina
pizzico di sale

farina integrale Brot Mix Schaer per lo spolvero#

bilancia, ciotola della planetaria, planetaria Kenwood, gancio a K, spatola, lecca-pentola tagliere in vetro, coltello in ceramica, carta forno, leccarda.

# ancora una volta ricordo che: per i celiaci e le persone gluten sensitive bisogna accertarsi sempre che ci sia o la SPIGA SBARRATA  o l'apposita dicitura SENZA GLUTINE come da regolamento CE 41/2009 e non dimenticare mai il discorso sulle tracce contaminazioni e cross-contaminazioni. Per il lattosio e le proteine del latte controllare sempre le etichette e le diciture in esse presenti.


Procedimento

Le foto sono quello che sono, perché le ho fatte con l'assenza di luce dovuta alla bufera di vento e al temporale, che infuriavano due sere fa.
Questo pane si può facilmente impastare a mano, ma io uso il Kenwood per mia pura comodità.

Ho pesato tutti gli ingredienti secchi nella ciotola della planetaria. Ho mescolato il tutto con il lecca-pentola.
Ho poi aggiunto la ricotta di capra, la robiola di capra e lo yogurt di soja.
Ho inserito il gancio a K nel Kenwood e ho impastato il tutto.
La pasta è morbida, ma molto liscia e profumata.
Ho spolverato il tagliere di vetro con la farina integrale.
Con la spatola, ho rovesciato la massa sul tagliere e ho impastato velocemente per formare una bella palla.
Poi, ho fatto il classico taglio a croce e ho messo la palla sulla leccarda del forno, ricoperta di carta da forno. 
Ho coperto il tutto con un canovaccio da cucina pulito - mi raccomando che non sia lavato con ammorbidente - e ho lasciato riposare per 30 minuti.
Ho accesso il forno a 200°C, perché si riscaldasse.
Trascorsi i 30 minuti, ho infornato il soda bread e ho cotto per circa 40 minuti.
Un modo furbo di vedere se il soda bread è cotto è vedere che sia bello colorato, ma soprattutto che l'impasto all'interno della croce non sia più umido - come insegna Lorraine Pascale ;-).
Una volta cotto, l'ho fatto raffreddare su una gratella per dolci, prima di affettarlo e gustarlo.


Ho decisamente fatto pace con l'Irish Soda Bread, grazie a Sonia e a Mary.
Normalmente, questo pane va mangiato velocemente, ma grazie alla presenza dello yogurt di soja, che è una ottima fonte di lecitina di soja, il pane rimane morbido, fragrante e profumato per qualche giorno, ammesso che si sia parchi nel mangiarlo.
Ottimo per dei sandwiches con tacchino, ovviamente senza lattosio e senza glutine, e della salsa aurora, ma anche in purezza o con due fette di mortadella. Slurp!
Enjoy your meal, my dear!

sabato 5 luglio 2014

Flognarde aux abricots senza glutine senza lattosio senza proteine del latte vegan per il #GFFD ... Flognarde aux abricots gluten free dairy free milk proteins free vegan for the #GFFD

Sottotitolo: La Maledizione del Femore


Non tutti i sabato mattina iniziano con flognarde e cafè au lait! 
Ecco la ricetta di oggi per questo #GFFD.


Flognarde aux abricots
senza glutine senza lattosio senza proteine del latte vegan per il #GFFD 
Flognarde aux abricots 
gluten free dairy free milk proteins free vegan for the #GFFD


Ingredienti
per uno stampo da 28 cm

16 albicocche bio denocciolate
400 ml di panna di soja senza glutine senza lattosio#
120 g di zucchero integrale di canna
100 g di farina integrale senza glutine senza lattosio senza proteine del latte Werz#
2 cucchiaini da the di vanilla bourbon #
10 g di margarina per imburrare lo stampo
farina integrale per lo spolvero
zucchero a velo senza glutine senza lattosio #

ciotole piccole, ciotole grandi, cucchiai, bilancia, cucchiaini, stampo in alluminio tondo da 28 cm di diametro, colino, lecca-pentola, piatto da portata.

# ancora una volta ricordo che: per i celiaci e le persone gluten sensitive bisogna accertarsi sempre che ci sia o la SPIGA SBARRATA  o l'apposita dicitura SENZA GLUTINE come da regolamento CE 41/2009 e non dimenticare mai il discorso sulle tracce contaminazioni e cross-contaminazioni. Per il lattosio e le proteine del latte controllare sempre le etichette e le diciture in esse presenti.

Procedimento
Ho preriscaldato il forno a 200 °C.
In una ciotola grande ho raccolto le albicocche lavate e denocciolate. 
Per inciso, i semi all'interno dei noccioli di albiccoche si chiamano armelline.
In una ciotola grande ho pesato lo zucchero di canna integrale e ho versato i 400 ml di panna di soja. Ho aggiunto poi la vanilla bourbon e con il lecca-pentola ho mescolato il tutto.
In un'altra ciotola piccola ho pesato la farina integrale senza glutine Werz e l'ho aggiunta al composto.
Con il lecca-pentola ho mescolato il tutto.
Ho quindi spalmato su tutta la superficie dello stampo la margarina e ho poi spolverato bene con la farina integrale Werz.
Ho disposto le albiocche denocciolate sul fondo della pirofila, cercando di distanziarle in modo regolare.
Poi, ho versato l'impasto nella pirofila, in modo da coprire completamente le albicocche.
Ho infornato in forno caldo, a 200 °C per almeno 45 minuti. 
Però. è sempre bene che ogni forno è un caso a sé; quindi è sempre bene fare la prova dello stecchino, che deve venir fuori pulito.
Una volta cotto ho lasciato raffreddare per almeno 30 minuti.
Poi, ho sformato la flognarde su un piatto da portata, le albicocche saranno così verso l'alto
Infine, ho spolverato con abbondante zucchero a velo senza glutine e ho servito.



Come dicevo, non tutti i sabato mattina iniziano con flognarde e cafè au lait! 
Qualche sabato inizia con un viaggio in treno all'alba, qualche altro inizia con una visita al pronto soccorso veterinario.
Sabato 21 giugno, alle ore 7.20, quando la caffeina non aveva ancora raggiunto nessuna delle mie sinapsi pensanti, il mio cucciolo d'uomo è venuto a dirmi che non trovava più Betty, la gatta. 
La mia risposta è stata "sarà sicuramente sotto il letto".
"Beata ingenuità" mi ha apostrofato la voce a, quella bitchy.
La mia ingenua convinzione si è frantumata dopo circa 10 minuti, quando l'ingegner consorte ci ha detto che la gatta era giù, in giardino... peccato che per arrivare lì è volata giù dalla finestra della mia stanza da letto, sita al terzo piano!
Recuperata la gatta, con velleità da diavolo volante, consolato il primo disperato soccorritore della medesima - il cucciolo d'uomo – e recuperata una parvenza di capacità raziocinante, dopo aver pianto giuste lacrime di sfogo, siamo partiti alla volta del pronto soccorso veterinario, dando inizio alla nostra piccola odissea negativa.
Arrivati in pronto soccorso, ci vien detto che bisognava fare uno studio diagnostico ai raggi, con tanto di sedazione, e quindi abbiamo lasciato la gatta con il veterinario. Per far scorrere più in fretta il tempo, ci siamo impegnati nelle attività sabatine, come far la spesa da Giovanni, il nostro spacciaverdure bio, e amenità varie. La colonna sonora che ha accompagnato quei momenti erano i brontolii ansiogeni dei due uomini della mia vita. 
Voce a, perché non proferisci parola quando ho più bisogno di te?
Giustamente e gioiosamente sollevati nel sentirci dire che Betty non ha nulla di rotto, che il problema alla zampa poteva essere probabilmente di tipo muscolare, abbiam pagato il conto e, felici, abbiam fatto ritorno a casa con la nostra Betty, ancora intontita. Però, la colonna sonora dei brontolii e delle riflessioni dei due uomini continuava, sovrapponendosi al filo diretto con la nostra veterinaria- santa donna! Nel primo pomeriggio di lunedì, la nostra veterinaria ha fatto visita alla nostra Betty e, non essendo affatto convinta di alcune cose, ha contattato il pronto soccorso per farsi inviare le lastre via mail al suo studio. Guarda tu che ti riguardo io… mentre la nostra veterinaria ed il suo collega esaminavano le lastre e facevano una diagnosi, sono chiamati dal pronto soccorso veterinario. Alla fine della fiera, la diagnosi iniziale fatta dal veterinario del pronto soccorso era errata: Betty aveva il collo del femore fratturato e andava operata. Quando ci è stata finalmente data la giusta, ma brutta, diagnosi, tralasciando la prima e la seconda cosa che ci sono venute in mente, abbiamo subito fissato l’operazione alla gatta. 
The sooner the better
Oscillando tra sdegno per la situazione e preoccupazione per la gatta, la parola fine al capitolo “Diavolo Volante” è stata scritta giovedì 26 giugno, grazie al collega della nostra veterinaria, e da lì è iniziato il recupero! Betty si è giocata una delle sue sette vite e a noi ha tolto qualche anno di vita. Attualmente la gatta è punk, con tanto di cicatrice trash, ma sta tornando la nostra Betty ed il suo bel pelo ricrescerà.
Perché la maledizione del femore? Questa frattura del femore è piuttosto comune negli umani, tanto che sia il nonno veneziano sia il nonno romano l’hanno sperimentata, così come ha fatto la nostra gatta, che umana non è, ma è gatta fatta e finita.
Considerata la brutta avventura, dovevamo pur consolarci. Cosa c'è di meglio di questa flognarde con le albicocche bio di Giovanni?


Bòn appetit!

mercoledì 2 luglio 2014

Cose dell'altro pane, un sabato senza glutine a Roma al ritmo di Andante con Gusto

Sottotitolo: Una chaltron woman tra le bloggers

C'è un'aria formidabile le stelle sono accese
E sembra un sabato qualunque un sabato italiano 

Così canta Sergio Caputo.
Questi versi mi sono tornati in mente sulla via del ritorno da Roma, sabato scorso - 28 giugno 2014, una data da non dimenticare.
Tutto ebbe inizio in un giorno caoticamente organizzato di gennaio, quando, tramite una amica di blog, lessi del contest di Patty - Andante con Gusto: E' senza? E' buono!
Nota ai più la mia idiosincrasia da contest e anche la mia atipicità...

"per tacer della tua cialtronite acuta..." dice la voce a, quella bitchy alla quale rispondo con "mangia le tue fragole e non farmi perdere il filo del discorso"...

Dicevo...nota ai più la mia idiosincrasia da contest e anche la mia atipicità, chi mai avrebbe pensato che mi sarei così tanto appassionata a questo contest e avessi cominciato a sfornare ricette per parteciparvi? Però è così che è andata!
Mai e poi mai mi sarei però immaginata di giungere alla fine e di entrare nella rosa delle 15 finaliste con una ricetta semplicissima e ricca del mio chaltron vibe: Salatini al grano saraceno e alla quinoa senza glutine senza lattosio senza proteine del latte senza uova vegan.
Però è così che è andata! 
Per me è stata una immensa vittoria essere insieme con le 14 foodblogger talentuose prescelte da Patty e da Maria Fermanelli, patron effervescente di Cose dell'altro pane, dall'entusiasmo e dal sorriso contagioso. Tre sono state le ricette vincitrici:


Un giovane cuoco, Daniele Somogyi, ha sperimentato le ricette del contest e ne ha permesso lo scaling up...ovvero il passaggio dalla cucina di casa a quella professionale. Posso dire che nel caso del senza glutine, questo scaling up dalla cucina di casa a quella professionale non è affatto semplice! Anzi! Nel mondo dei senza, ad esempio, l'utilizzo di una farina dieto-terapica piuttosto di un altra non è sempre di immediato successo, come non lo è la sostituzione di  farine naturalmente senza glutine o di amidi. Per le tre ricette vincitrici lo scaling up ha avuto successo, anche con qualche piccolissimo aggiustamento. Avendo poi avuto il piacere di assaggiarne, qualcuna, quelle anche senza lattosio e proteine del latte tra gli ingredienti, posso dire solo WOW!
Nel mio caso, in merito alla ricetta dei salatini, è stato interessantissimo sentire non solo gli apprezzamenti, ma anche le critiche costruttive, i consigli e gli incoraggiamenti sia di Maria sia di Daniele per rendere in futuro questa ricetta migliore. Mi son già messa con le mani in pasta!


Il teatro di questa intensa giornata di assaggi, risate, chiacchiere, sgranocchiamenti, consigli, progetti e di voglia di rimanere in contatto è stata la ditta di Cose dell'altro pane, ditta che è all'interno di un luogo meraviglioso, quasi magico, in quel di Roma Nord. Lo definisco quasi magico per diversi motivi: 
1 - lo stabilimento si trova all'interno del Parco dell'Insugherata, un'oasi naturale tra Via Trionfale e Via Cassia. 
2 - i locali sono i vecchi forni di un monastero benedettino
3 - questi locali si trovano attualmente all'interno della comunità romana di Nomadelfia (per sapere di più su Nomadelfia e Don Zeno)
4 - è una imprenditoria al femminile o quasi (non dimentichiamoci dei due collaboratori uomini!) che è anche integrazione sociale e culturale.
Poter vedere dal vivo come si muove lo staff, dove si muove, respirare la loro solarità, il loro amore per la loro produzione e i loro sorrisi, oltre alle ragioni sopra elencate, mi hanno fatto innamorare di Maria e del suo staff e di Cose dell'Altro Pane!
Non si producono solo biscotti, crackers e co., a Cose dell'Altro Pane si producono idee e sogni!


Tanto ci sarebbe ancora da dire sulla vulcanica Maria e sul suo altrettanto vulcanico staff, ma c'è ancora tanto da raccontare di questa giornata particolare.
Confesso che son partita da Venezia molto intimorita, poichè non conoscevo nessuna blogger di persona, alcune di loro ho cominciato a conoscerle da poco, anche grazie al #GFFD - ad esempio Simona di Journeycake, Stefania di Profumi e Sapori e Miria di 2amicheincucina. Ovviamente, grazie al contest, seguo Patty e le sue avventure. Ciononostante, ero piena di timori, tanto che la notte di venerdì avevo dormito pochissimo. Invece, arrivata all'appuntamento in perfetto orario, i miei timori sono spariti immediatamente! Mentre ci presentavamo, l'energia positiva accompagnata da sorrisi radiosi era palpabilissima, ci ha fatto compagnia durante tutta la giornata e me ne sono portata un pochino con me al ritorno. 
Avevo dimenticato quali piccoli magie il mondo virtuale che diventa reale ha in serbo e questa giornata me le ha ricordate tutte... e mi tocca ringraziare non solo Patty e Maria per questo, ma il contest che ha permesso tutto ciò! Che la mia idiosincrasia da contest stia scemando?
Tra una degustazione e l'altra, quante chiacchiere e quante scoperte!
Un'altra scoperta meravigliosa, dopo Maria ed il suo staff, è stato l'incontro con le Petronille del Casato Filo della Rosa! ( per saperne di più leggere anche qui): Viviana, Ilaria ed Irene. Riguardando le foto, le tre Petronille che ho conosciuto mi ricordano le tre fatine buone de La Bella Addormentata: Flora, Fauna e Serenella. In fondo, avendo letto della loro mission, il ruolo di fatine è quello che più loro si addice (per saperne di più sulle Petronille leggere anche qui)

Le tre fatine ci hanno spiegato il Progetto Petronilla, che è a sua volta legato al WeWomen for Expo 2015. A me basta il brillio di uno sguardo, un piccolo angolo di sorriso per entusiasmarmi, quindi, sentendole parlare mi sentivo come una luminaria natalizia il giorno di Natale: grandemente illuminata! Se Verdone diceva "Perdiamoci di Vista", care le mie Petronille io dico "Non ci perderemo di vista!"

Quante dichiarazioni d'amore e quanti ringraziamenti in questo post: a Patty di Andante con gusto, a Pamirilla, a Maria e al suo staff di Cose dell'Altro pane, alle blogger che ho conosciuto sabato 28 giugno e che hanno reso quella giornata indimenticabile, per finire con le tre fatine/Petronille, che con il loro progetto mi han fatto sognare. 
Mi piace pensare che i sogni possano diventare realtà.