domenica 13 luglio 2014

Racconto un luogo del mio cuore per #secondastellaadestra, il Contest di Gluten Free Travel & Living con Garofalo


La mia idiosincrasia da contest è nota ai più; a chi non fosse ancora nota, è nota adesso. Però ci sono contests che attirano anche il mio io idiosincratico.
#secondastellaadestra è uno di questi: si tratta di raccontare tramite foto, video o parole un luogo del cuore, un posto al quale siamo legati nel profondo.
La dimensione foto mi attira moltissimo, ma come ho già detto in un altro post (Docusound), mi piace raccontare. Di questo #luogodelcuore conservo gelosamente le foto, una è comunque presente qui.
Buona lettura.
Le Galapagos e la caviglia di Van Basten
Di Fabiana-Fabipasticcio

“Puoi farcela… Rob ti ha spiegato come fare… un passo alla volta, senza fretta, sarà una discesa tranquilla… vedrai che ce la fai”.
Questo mi ripetevo, mentre mi calavo dalla murata della nave oceanografica, la R.V Melville, tramite una scala di corda, per raggiungere un taxi acqueo che mi avrebbe condotto a Puerto Ayora, Isla di Santa Cruz, arcipelago delle Galapagos.
Nel ricordare, mi viene ancora la pelle d’oca… una scala di corda e un breve viaggio in taxi acqueo mi separavano da uno dei luoghi che più avevo amato, studiato, sognato.
Sin da piccola, avevo deciso che da grande sarei diventata una scienziata e avevo nutrito questo sogno a pane e Marie Curie, poi a pane e Charles Darwin, spalmando qua e là Konrad Lorenz, Jacques Costeau, Robert Scott. Mentre studiavo, mi immaginavo nel poggiare il mio misero piede sul suolo vulcanico delle Galapagos e respirare la Scienza! Dopo la laurea, mentre facevo il dottorato ebbi la fortuna di passare un periodo all’estero, che includeva una crociera oceanografica lungo il Pacifico con tappa alle Galapagos. Altro che vincere alla lotteria di Capodanno! Peccato che nel quadro idilliaco mi fossi dimenticata di dipingere il mal di mare, lo sconforto della voltammetria a stripping catodico e della chimica analitica. Per tacer della scala di corda lungo la murata di una nave e di un taxi acqueo, che sembrava il mezzo guscio di una noce, in mezzo all’oceano.
Però, le Galapagos erano lì. Davvero.
Per arrivarci, avevo superato l’iniziazione del Passaggio dell’Equatore, incontrando Re Nettuno e il suo fido Davey Jones, passando persino per il whale’s ass - cosa non si fa pur di raggiungere il luogo del proprio cuore? Ero finalmente lì… ancora un gradino et voilà, ero a bordo della piccola barca, che faceva la spola tra le navi ed il porto di Puerto Ayora, dove è presente sia la Stazione di Ricerca Charles Darwin sia l’Autorità del Parco Nazionale delle Galapagos. All’epoca – era il duemila – le navi non arrivavano dritte in porto, per evitare contaminazioni e passaggi di specie alloctone, che potevano disturbare gli equilibri faunistici e floristici dell’isola.
Le Galapagos sono la Cappella Sistina delle Scienze Ambientali: non è pensabile deturparle o rovinarle, ma tutti vogliono vederle. Non soltanto sono un luogo del cuore, a mio modesto parere esse rappresentano il viaggio di formazione, il grand tour che due secoli or sono gli aristocratici e gli intellettuali intraprendevano per affinare il loro sapere.
Mentre ero a bordo del barchino e vedevo allontanarsi la nave, brividi mi accarezzavano la schiena e nella mia mente non c’erano pensieri, solo la sensazione che la realtà sarebbe stata infinitamente più sorprendente di qualsiasi sogno avessi mai fatto. Non sapevo quanto avrei avuto ragione.
Una volta arrivati in porto, scesi finalmente a terra, ci inginocchiammo come a voler baciare il suolo, quasi fossimo novelli Cristobal Columbus approdati finalmente alle nostre Indie Occidentali! Per lo meno questo è quanto io ed i membri del mio eterogeneo gruppo – quasi tutti gli elementi stranieri dell’equipaggio scientifico della nave – facemmo. Mentre organizzavamo come trascorrere quella giornata, continuavamo a fotografare ogni cosa. Devo avere numerosissimi scatti di innumerevoli iguane marine, che erano ovunque.
Le iguane marine sono endemiche delle Galapagos, non esistono in nessun altro luogo. Sono in molti a pensare che il simbolo delle Galapagos siano le tartarughe giganti, dimenticandosi dei fringuelli, tramite i quali Darwin spiegò la selezione naturale e la teoria dell’evoluzione. Dopo di essi, le iguane marine! Per chi è lontano dal mondo della scienza è difficile comprendere la gioia di trovarsi di fronte ad animali unici nel loro genere, esempio vivente di tomi e tomi studiati in zoologia ed in zoogeografia; vederle placidamente ammucchiate sulle pietre vulcaniche, disseminate nella rada del porto, era come aprire il regalo tanto atteso la mattina di Natale: stessa eccitazione, stesso brivido che si aggrappa al midollo, stessa risatina semi-isterica. Tale gioia si trasformò in esaltazione, quando io e i miei compagni raggiungemmo la Stazione di Ricerca di Darwin. Finalmente le tartarughe giganti!
Ho avuto la fortuna di vedere anche Jorge El Solitario, alias Lonesome George, l’ultimo della sua sottospecie, morto un anno fa. Non ho solo fotografato, ma ho respirato la Scienza e la Storia della Scienza. Ripensando a quei momenti, mi basta chiudere gli occhi e sono di nuovo lì… dove c’è un pezzo del mio cuore.
Dopo aver visitato la Stazione, ci dirigemmo alla spiaggia di fronte… ancora pietre laviche e ancora iguane marine, come se piovesse. Come se non fossero stati sufficienti gli scatti fatti fino ad allora, continuai a fotografare sassi ed iguane e ad un certo punto…
…CRAC…
Scivolai, chissà se per colpa del piede marino o della mia sbadataggine da eccitazione; scivolai e mi feci molto male. Da subito capii che la cosa era seria, considerato che la caviglia aveva una angolazione opposta alla norma. Fortunosamente, mi portarono al Pronto Soccorso di Puerto Ayora, dove mi fecero le prime radiografie. Poi, cominciò la girandola negativa: le telefonate in Italia per avvertire il consorte ed i miei, organizzare il mio trasporto in terraferma ecuadoregna, in attesa del consorte e del permesso di poter tornare in Italia, il dolore intenso e profondo che nulla calmava, il primo soccorso che più di così non poteva soccorrermi. I brividi che ho ripensando a quel momento sono di dolore, ancora adesso bruciano come allora. La mattina dopo, presi il primo volo da Baltra per Guayaquil. Una volta arrivata in clinica a Guayaquil piansi: per il dolore della frattura – che era più grave di quanto mi avessero prospettato -, per il dolore di essere sola, distante migliaia di miglia da casa, per il dolore di non aver portato a termine la crociera oceanografica. Per un sogno avverato, un altro è stato interrotto.
Dolorosamente.
Ho ricordi vaghi dei giorni in clinica fino all’arrivo del consorte, con il quale sono rimpatriata in Italia, in un viaggio che sarebbe piaciuto molto ad Odisseo, ma che a me è piaciuto infinitamente meno. Però questa è un’altra storia.
Una volta arrivata all’ospedale di Treviso, il primario di ortopedia, mentre guardava le ennesime radiografie, disse:” Ha fatto davvero le cose per bene! La sua frattura alla caviglia è simile a quella che costò la carriera a Van Basten. Frattura a becco di flauto della tibia ed entrambi i malleoli andati. Operiamo e sistemeremo tutto”. Così fu. Anche questa è un’altra storia.
Alle Galapagos ho davvero lasciato un pezzo di cuore. Chiudo gli occhi, ricordo e sono lì, a respirare il salso del Pacifico, la storia di Darwin e la mia. Ad occhi aperti, guardo la caviglia destra: una placca e dieci viti da un lato, quattro fili di Kirchner dall’altro.
Ad perpetuam rei memoriam.

Qual è il vostro #luogodelcuore?

6 commenti:

  1. Fabi, che bel racconto! mi sono spuntate le lacrime, non mi aspettavo questo finale. Io ucciderei per andarci ma non per le iguane, ma per la natura rigogliosa e fantasmagorica che c'è....la prochaine fois ci andiamo insieme! che il tuo sogno di tornare lì si avveri! bacioni

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  2. un racconto che mi ha colpito, ho immaginato il tuo doppio dolore, fisico per la frattura e nell'intimo per non aver potuto terminare come desideravi il tuo viaggio, ti auguro un giorno di poter tornare ma mi raccomando attenta a dove metti i piedi ! Un bacione

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  3. Bellissimo racconto di un luogo dove la realtà supera la favola.
    Il mio luogo del cuore? San Nicola ( Isole Tremiti),

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  4. mannaggia fabiana, mentre leggevo mi sembrava di essere lì con te. quando si dice un racconto vivido!
    epperò rompersi come van bastan alle galapagos... no via su. ma come ti è venuto in mente?

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  5. Caspita cara, che peccato e chissà che male!!!!!
    Puoi sempre tornarci però... te lo auguro!!!
    Un abbraccio stretto!!!

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  6. Il racconto è davvero emozionante deve essere stato indimenticabile....purtroppo anche l'epilogo.....sob,....chissà che dolore!!!

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Tornate a leggere le risposte, perchè dialogando si cresce insieme. A rileggerci presto tra ricette e sorrisi :-D